Se mi chiedessero il nome di un romanzo tra quelli che mi sono rimasti impressi da giovane, uno dei nomi che mi verrebbero sicuramente in mente è “Mastro-don Gesualdo” di Giovanni Verga (in foto parziale dell’edizione Mondadori).
Confesso che la penna dello scrittore siciliano Giovanni Verga (1840-1922), massimo esponente del Verismo italiano, è una delle mie preferite in assoluto tra gli autori classici.
Sarà per la sua capacità di narrare le vicende, in questo come negli altri romanzi e racconti, in maniera lineare, scorrevole ma estremamente fissante nelle sue parti caratterizzanti; sarà per la sua bravura nel farti immedesimare nella vita dei personaggi, nel loro modo di agire e di pensare in base all’estrazione sociale; sarà per il modo in cui riesce a farti immergere nelle atmosfere della Sicilia del 1800, per quanto riguarda sia i paesaggi del contesto ma anche la vita di lavoratori e nobili;…certo è che la scrittura di Giovanni Verga me la porto dietro da più di 25 anni, cruda compagna di cammino.
Tracce così importanti me le ha lasciate, qualche anno dopo, Lev Tolstoj, senza però far paragoni tra i due diversi modi di scrivere.
“Mastro-don Gesualdo“ di Giovanni Verga fu pubblicato nel 1889, dopo essere già stato pubblicato su una rivista in una edizione poi rivisitata. Tutti gli elementi che sopra ho citato, sfumature di vita tra le pagine del libro, si rintracciano nella vita del protagonista e nelle vicende che lo legano a lavoro, amori e dolori nella sua terra: la Sicilia della prima metà del 1800, quindi in epoca risorgimentale, in particolare nel suo paese Vizzini.
Mastro-don Gesualdo, colui che con il duro lavoro riesce ad ottenere proprietà e ricchezza, finisce però per non essere apprezzato né dal ceto più umile al quale appartiene, né dalla signoria alla quale cerca disperatamente di appartenere.
Così, nonostante le fatiche di una vita che lo porteranno a diventare imprenditore e poi proprietario terriero, e nonostante il matrimonio con Bianca Trao, Gesualdo Motta finirà per essere conosciuto con questo appellativo di Mastro-don, dove Mastro stava ad indicare i manovali, Don i “signori” o i proprietari terrieri. La sua avidità e la sua voglia sfrenata di scalare in società lo porteranno ad essere mal visto dai compaesani di ogni ceto.
E poi? Non ti svelo niente di più sulla lunga trama che dura tutta la vita del protagonista. “Mastro-don Gesualdo” è un classico imperdibile.
…Ti dirò: alla fine, poi, ripensando bene a quando ero ragazzo, a me quel Gesualdo Motta non stava poi così del tutto antipatico. Nonostante fosse guidato dal denaro, il fatto che partendo dalla sua dura fatica fosse arrivato ad arricchirsi, lo rendeva agli occhi di un giovane non di certo un modello, ma un elemento di dimostrazione che lavorando e magari comportandosi con un po’ più di morale, forse si sarebbero potuti raggiungere davvero ottimi risultati. Questo contro le convinzioni dell’autore sull’impossibilità di migliorare il proprio livello sociale.
Se vuoi immergerti nelle dure atmosfere della Sicilia risorgimentale, non perderti questo e altri crudi capolavori di Giovanni Verga.
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