Ho riletto un brano de “I Promessi sposi”, dal cap. 32 in cui si parla della Peste a Milano nel Seicento. Ma non confondiamola con il Coronavirus, per il quale però dobbiamo prestare molta attenzione.
L’emergenza Coronavirus è scoppiata da qualche giorno anche in Italia. Nel momento in cui sto scrivendo questo articolo, nel pomeriggio del 24 Febbraio 2020, nella Penisola siamo a circa 230 casi e 6 morti. Prepariamoci perché, sentendo il parere di medici ed esperti, purtroppo nei prossimi giorni il numero di casi sicuramente salirà e le misure adottate per contrastare il diffondersi di questo virus saranno più restrittive in tutta Italia. Come sempre, non entro nel merito delle responsabilità politiche, è il momento di stare uniti e risolvere i problemi. Dopo ci sarà tutto il tempo per altre valutazioni. Pensiamo all’oggi.
Nei prossimi giorni probabilmente dovremo cambiare molte nostre abitudini. Parlo di scuole, lavoro, luoghi pubblici. Ci saranno disposizioni importanti da parte del Governo.
Ci vuole responsabilità da parte di ognuno di noi per evitare il diffondersi del virus, mantenendo la calma e pensando con ottimismo che, dati dell’OMS, nell’80% dei casi si guarisce. Quindi, ascoltiamo tutte le prescrizioni delle Autorità Sanitarie perché non è una semplice influenza, l’incidenza mortale è nettamente più alta e ad oggi non esiste vaccino; ma manteniamo la dignità e l’umanità: ci vogliono molte attenzioni, non isterismi, perché non è un’epidemia di peste.
E visto che mi occupo di letteratura e non di medicina, ecco come Manzoni, due secoli dopo, ci racconta la peste di Milano attorno al 1630, nel Cap.32 del romanzo capolavoro “I Promessi Sposi”(in foto una copertina antica), basandosi in questo passo sugli scritti del presbitero e storico del Seicento Giuseppe Ripamonti.
” … Con una tal persuasione che ci fossero untori, se ne doveva scoprire, quasi infallibilmente: tutti gli occhi stavano all’erta; ogni atto poteva dar gelosia. E la gelosia diveniva facilmente certezza, la certezza furore.
Due fatti ne adduce in prova il Ripamonti, avvertendo d’averli scelti, non come i più atroci tra quelli che seguivano giornalmente, ma perchè dell’uno e dell’altro era stato pur troppo testimonio.
Nella chiesa di sant’Antonio, un giorno di non so quale solennità, un vecchio più che ottuagenario, dopo aver pregato alquanto inginocchioni, volle mettersi a sedere; e prima, con la cappa, spolverò la panca. “Quel vecchio unge le panche!” gridarono a una voce alcune donne che vider l’atto. La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi com’erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo, così semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture. “Io lo vidi mentre lo strascinavan così,” dice il Ripamonti: “e non ne seppi più altro: credo bene che non abbia potuto sopravvivere più di qualche momento.”
L’altro caso (e seguì il giorno dopo) fu ugualmente strano, ma non ugualmente funesto. Tre giovani compagni francesi, un letterato, un pittore, un meccanico, venuti per veder l’Italia, per istudiarvi le antichità, e per cercarvi occasion di guadagno, s’erano accostati a non so qual parte esterna del duomo, e stavan lì guardando attentamente. Uno che passava, li vede e si ferma; gli accenna a un altro, ad altri che arrivano: si formò un crocchio, a guardare, a tener d’occhio coloro, che il vestiario, la capigliatura, le bisacce, accusavano di stranieri e, quel ch’era peggio, di francesi. Come per accertarsi ch’era marmo, stesero essi la mano a toccare. Bastò. Furono circondati, afferrati, malmenati, spinti, a furia di percosse, alle carceri. Per buona sorte, il palazzo di giustizia è poco lontano dal duomo; e, per una sorte ancor più felice, furon trovati innocenti, e rilasciati. …”.
(brano tratto dal Cap.32 de “I Promessi Sposi” di A. Manzoni).
Ecco cos’era la Peste a Milano nel Seicento. Non diventiamo così. Attenzione sì al virus di oggi, ma manteniamo l’umanità. Ricordiamo l’impegno del Personale Sanitario e dei Volontari, e speriamo che la Ricerca porti presto ad un vaccino.
Spero che nel frattempo gli altri scritti di paginecuriose.it (clicca qui) possano far trascorrere qualche breve momento di tranquillità nelle vostre case. Ce la faremo!
Ricordo inoltre un mio vecchio romanzo a puntate, ancora non terminato, che in questi giorni sta di nuovo girando online, “Intervista all’uomo venuto dal futuro” (clicca qui).
Franci la peste fu debellata, con non poche vite perse, oggi abbiamo un problema molto grave che sta prendendo piede su tutti noi.
Speriamo che presto la cosa si risolva, altrimenti lo stato evita di dare la pensione a molte persone ( parole di Nini ).
Viviamo alla giornata nella speranza che presto questa nuova peste sia debellata…….
Ciao Roberto, speriamo che l’emergenza sanitaria nazionale (e mondiale) possa passare al più presto. Serve però il contributo di tutti, rispettando nel nostro piccolo le misure restrittive del Governo per controllare il contagio. Più ci diamo da fare tutti adesso, senza isterismi e senza polemiche inutili, e prima il virus sarà circoscritto, facendoci ritornare alla nostra vita normale. Ho usato il termine “mondiale”, perché credo che il numero alto di casi nel nostro Paese sia il frutto dei numerosi controlli del nostro Servizio Sanitario, cosa che forse viene meno in altri posti. Incrociamo le dita, ce la faremo! E intanto ricordiamo purtroppo le vittime, e l’impegno del nostro Personale Sanitario e dei Volontari.