Oggi a pallone si gioca al campo sportivo o a casa con qualche super mega videogioco. Qualche ragazzino gioca ai giardini o in qualche spiazzo, ma ovviamente viene subito redarguito.
Com’erano gli anni ’80 all’Argentario?
Nell’Argentario degli anni ’80 – inizi anni ’90 – si gioca a pallone per strada, ma per un semplice motivo: non ci sono tutte le auto di adesso e quindi c’è più posto per i bambini! Veramente a pallone si gioca un po’ ovunque, anche senza pallone.
Alle mie scuole elementari negli anni ’80, ad esempio, appena suona la campanella della ricreazione, noi maschietti e una femminuccia aspettiamo che la maestra esca dall’aula. Dopo, prendiamo qualche foglio di carta da buttare, lo appallottoliamo e lo nastriamo con lo scotch trasparente, “costruendo” un bel pallone. Si mettono gli zaini o le sedie o i banchi di scuola a fare da porte, si fanno le squadre e inizia la partita. Oppure si gioca a rigori: uno in porta e tutti gli altri calciano il rigore, in fila, uno alla volta. Se uno segna, va in porta, e il portiere appena sostituito ha diritto a calciare subito per poter segnare e ritornare in porta, se ci riesce. E così via. Se rientra la maestra e ci trova a giocare, sono guai!
Un giorno la maestra è talmente arrabbiata che ci sequestra il “pallone” di carta e anche il nastro adesivo. Così il pallone non lo fate più!
Noi maschietti e la femminuccia calciatrice siamo un po’ avviliti. E adesso come lo facciamo il pallone? Il giorno dopo, nuova ricreazione. E nuova idea. Stiamo facendo in tanti l’album delle figurine: noi maschietti dei calciatori, le femminucce dei cuccioli o altre cose da bimbe. Tante figurine a giro. Allora ecco l’idea: per fissare la carta appallottolata usiamo le figurine al posto del nastro adesivo. Che bello il nuovo pallone colorato. Nuova partita!
Dopo qualche giorno, la maestra ci sorprende a ricreazione con questo nuovo “pallone” e ce lo sequestra, arrabbiandosi molto! Ma non c’è problema, di figurine ne abbiamo tante, ne scambiamo a decine tra di noi tutti i giorni. Quello era il bello di fare l’album delle figurine: scambiare i doppioni con gli amichetti. Con tutti i doppioni che giravano, ogni giorno potevamo fare un pallone nuovo. Quanti ne avrà sequestrati la nostra maestra!
Nella Porto S. Stefano di fine anni ’80 non ci sono tutte le auto di adesso. Ma la voglia di giocare a calcio è uguale. Io e un mio amico passiamo un’intera estate a uscire la mattina e ad andare a giocare a calcio nella stretta via dietro i giardinetti. Cerchiamo ogni giorno un posticino per qualche metro libero da auto, facciamo una porta con due sassi grandi e prendiamo un sasso piccolo e un po’ tondo per fungere da pallone. Uno fa il difensore e l’altro l’attaccante, ma ci si inverte ad ogni azione. E contiamo le reti che fa ognuno quando attacca. Di solito vince lui, ma mi diverto uguale, perché è estate, ci sono le vacanze scolastiche e non sono molto competitivo. Quando passa una macchina ci si ferma, giochiamo dove non sono parcheggiate auto, il sasso è piccolo: non diamo noia a nessuno. I bambini degli anni ’80 si divertono anche con un sassolino.
A volte, con altri amici, invece del sasso può essere usata una lattina schiacciata trovata per terra; altre volte un tappino di plastica di qualche bottiglia. Insomma, il modo di divertirsi senza un pallone lo troviamo sempre.
Qualche mia amichetta invece la trovo a giocare a pallavolo o qualcosa di simile in Via Cuniberti. A fine anni ’80 anche in questa via, oggi molto trafficata, ci sono poche macchine parcheggiate e transita un auto sì e no ogni 5 minuti.
Noi maschietti, qualche anno dopo, parlo dei primissimi anni ’90, troviamo l’audacia di giocare con veri palloni per strada. Ormai a 12, 13, 14 anni siamo grandi, …negli anni ’90 a questa età siamo grandi. A volte si gioca ai giardini, a volte fuori le Scuole Medie di allora, altre in Piazza o al Siluripedio, altre ancora in estate al mare, in acqua o per strada vicino al Pozzarello. Quante partite!
In estate un mio amico organizzava sempre dei tornei di calcio al Siluripedio: giochiamo sotto il sole delle 10, poi delle 11 e infine di Mezzogiorno: roba che adesso a pensarci già mi sento mancare! Dico “torneo” perché facevamo più squadre e c’era un calendario con orari! Eravamo piccoli professionisti.
Dalle altre parti, invece, estate o inverno, ci sono partitelle improvvisate con gli amici e amici di amici. Era un modo anche per fare nuove amicizie, con ragazzini di altre classi o figli di villeggianti.
Il pallone si compra mettendo un po’ di spicci ciascuno: bastano 2 o 3 mila lire in totale per un pallone semplice di plastica oppure, per qualche pallone di plastica migliore 5,6,7, massimo 8 mila lire. Eh sì, il calcio negli anni ’80 e inizio anni ’90 è uno sport per tutti.
Poi i due più bravi fanno le squadre, decidendo a turno quale amico prendere nella propria squadra. Io mi metto subito a sedere, prima che iniziano, …tanto verrò scelto alla fine, dopo i più bravi, i mediamente bravi, i meno bravi e a volte pure gli infortunati. Tanto lo so che alla fine mi scelgono, si gioca tutti, anche se siamo dispari. Magari se siamo in troppi si allarga il campo improvvisato. Ma si gioca tutti.
L’aumento del numero delle auto in circolazione non ha comportato solamente il maggior inquinamento, ma anche l’impossibilità a giocare a pallone nelle strade! Manca proprio lo spazio fisico. Sono diminuite amicizie, spensieratezza e risate. Ed è aumentato il traffico.
I primi compromessi della vita nascono dalle partitelle improvvisate: non c’è l’arbitro, quindi si decide tra di noi. Non è gol! Sì, è gol! …allora se non ci decidiamo, ti spetta un rigore.
Non ci sono traverse. La palla era troppo alta! Ma no, è il portiere che è basso! Che si fa? La prima volta niente rete, se succede di nuovo allora è gol. Mettete in porta uno più alto!
Una delle due squadre sta vincendo largamente perché è troppo forte? Si gioca per divertirsi, non per vincere facile. Si rifanno le squadre. E io mi rimetto a sedere.
A volte ci si arrabbia troppo per un gol discusso, o un fallo, o una rimessa laterale e si termina prima la partita. E tutti via coi musi lunghi e le promesse di non parlarsi mai più. Ma tanto poi ci si riparla sempre, proprio grazie a quel pallone.
E quando le mamme cominciavano a chiamare dalle finestre o dai balconi perché era tardi e bisognava rientrare a casa? Chi segna, vince.
Quindi il calcio per le strade degli anni ’80 ci ha aiutati a crescere? Questo non te lo posso dire. Certo è che adesso per le strade è impossibile e pericoloso giocare. Magari, alle bambine e ai bambini di adesso, o ai ragazzini di adesso, in qualche campetto autorizzato, ogni tanto, una partita a pallavolo o a calcio facciamogliela fare, per socializzare. Perché non vinci sempre, non perdi sempre, ma almeno stai con i tuoi amichetti e hai i tuoi genitori che ti vengono a prendere.
Però anche negli anni ’80 c’è il calcio della Scuola Calcio! Sì, quello con le maglie tutte uguali, gli allenatori e il babbo dietro le reti a vederti giocare. Quel calcio che ti insegna la tecnica, la corsa, gli schemi e tanto altro: siamo ai tempi del Milan di Sacchi. Quel calcio che se non eri bravo non giocavi mai, ma dovevi allenarti di più e migliorare. I palloni sono di cuoio, le porte sono porte con le reti e nelle partite di campionato c’è l’arbitro. Qual è la parte più bella della scuola calcio degli anni ’80? È quella in cui, appena tornati da scuola e finito il pranzo, ci si preparava, si scendeva sotto casa con il borsone, ci si incamminava verso il campo sportivo e si andava a suonare al citofono a tutti gli amichetti che abitavano lungo il tragitto. Ebbene sì, vivevamo senza cellulare! Vivevamo di citofoni.
Ma i bambini del 2019 invece che possono fare? Certo non possiamo farli giocare per strada, è troppo pericoloso. Le auto erano pericolose anche allora, purtroppo.
Possiamo iscriverli a qualche sport, per insegnare loro che significa stare con gli altri, vincere e perdere, allenarsi. Ma poi ogni tanto giochiamo noi genitori con loro, facciamo una bella passeggiata insieme ammirando il nostro stupendo mare (vedi foto in copertina); oppure leggiamo loro un bel libro, o facciamo un bel disegno assieme. E, per concludere, lasciamolo loro il tempo per divertirsi, per annoiarsi e soprattutto per viaggiare con la fantasia.
La maestra è uscita. Spostiamo i banchi, così facciamo le porte. Sembra lo stadio Olimpico.
Ti invito a visitare tutta la sezione MIE OPERE (clicca qui), dove potrai trovare altri racconti, poesie e “fumetti”.
In particolare ti ricordo i miei racconti:
L’Argentario del 1984: il primo giorno di elementari (clicca qui);
Gli anni ’80 all’Argentario: quando non esistevano i cellulari (clicca qui);
Dialogo tra un vecchio e un bambino santostefanesi (clicca qui).
Commenta!